Informazioni di base (Glucosio, Atp, Creatina, Arginina, Potassio, Magnesio, Proteine...)

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    CARBOIDRATI
    I carboidrati, detti anche glucidi (dal greco "glucos" = dolce) sono sostanze formate da carbonio ed acqua. Hanno forma molecolare (CH2O)n e sono contenuti principalmente negli alimenti di origine vegetale.

    In media forniscono 4 kcal per grammo, anche se il loro valore energetico oscilla dalle 3,74 kcal del glucosio alle 4,2 Kcal dell'amido. Di queste calorie circa il 10% viene utilizzato dall'organismo per i processi di digestione ed assorbimento.

    In nutrizione, i glucidi possono essere chiamati come:
    - semplici (monosaccaridi e oligosaccaridi)
    - complessi (polisaccaridi)

    L'indice glicemico e il carico glicemico sono dei concetti sviluppati per analizzare il comportamento del cibo durante la digestione. Questi classificano cibi ricchi di carboidrati in base alla velocità del loro effetto sul livello di glucosio nel sangue. L'indice insulinico è una classificazione simile, più recente, che classifica il cibo in base al suo effetto sui livelli di insulina nel sangue, causato dai vari macronutrienti, soprattutto dai carboidrati e da alcuni amminoacidi presenti nel cibo. L'indice glicemico è una misura di quanto velocemente i carboidrati del cibo vengono assorbiti, mentre il carico glicemico è la misura che determina l'impatto di una data quantità di glucidi presenti in un pasto.

    I carboidrati complessi non assimilabili, come ad esempio la cellulosa, l'emicellulosa e la pectina, sono un'importante componente della fibra alimentare.
    Gli esosi (fruttosio, glucosio, galattosio) sono i più importanti dal punto di vista nutrizionale.


    Nutrimento
    I carboidrati sono la più comune fonte di energia negli organismi viventi, e la loro digestione richiede meno acqua di quella delle proteine o dei grassi. Le proteine e i grassi sono componenti strutturali necessari per i tessuti biologici e per le cellule, e sono anche una fonte di energia per la maggior parte degli organismi.

    I carboidrati non sono nutrienti essenziali per gli esseri umani: il corpo può ottenere tutta l'energia necessaria da proteine e grassi. Però una dieta completamente priva di carboidrati può portare a chetosi. Comunque, il cervello e i neuroni in genere non possono consumare direttamente i grassi e hanno bisogno di glucosio da cui ricavare energia: questo glucosio può essere ricavato da alcuni degli amminoacidi presenti nelle proteine e anche dal glicerolo presente nei trigliceridi. I carboidrati forniscono 3,75 kcal per grammo, le proteine 4 kcal per grammo, mentre i grassi forniscono 9 kcal per grammo. Nel caso delle proteine, però, quest'informazione è fuorviante in quanto solo alcuni degli amminoacidi possono essere utilizzati per ricavare energia. Allo stesso modo, negli esseri umani, solo alcuni carboidrati possono fornire energia, tra questi ci sono molti monosaccaridi e alcuni disaccaridi. Anche altri tipi di carboidrati possono essere digeriti, ma solo grazie all'aiuto dei batteri intestinali. I ruminanti e le termiti possono addirittura digerire la cellulosa, che non è digeribile dagli altri organismi.

    Tra i cibi ricchi di carboidrati ricordiamo il pane, la pasta, i legumi, le patate, la crusca, il riso e i cereali. La maggior parte di questi cibi sono ricchi di amido.

    La FAO (Food and Agriculture Organization) e l'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomandano di ingerire il 55-75% dell'energia totale dai carboidrati, ma solo il 10% dagli zuccheri semplici.

    La digestione dei carboidrati inizia in bocca dove gli enzimi della saliva iniziano la scissione dei carboidrati complessi. Nello stomaco l'azione degli enzimi salivari viene interrotta dall'ambiente acido e riprende nell'intestino tenue dove, grazie ai succhi pancreatici (enzima α-amilasi), i polisaccaridi vengono ridotti a monosaccaridi.

    Mentre il glucosio viene assorbito rapidamente (sia per gradiente osmotico, sia per trasporto attivo), il fruttosio viene assorbito più lentamente, attraverso un meccanismo di diffusione facilitata, che sta alla base del suo basso indice glicemico.

    Dopo essere stati trasformati in glucosio i carboidrati possono andare in contro a tre diversi processi metabolici:

    - possono essere utilizzati dalle cellule per produrre energia

    - possono essere immagazzinati nelle riserve epatiche e muscolari sotto forma di glicogeno

    - possono essere trasformati in grasso e depositati come tale, qualora le scorte di glicogeno siano sature

    Esistono aminoacidi, vitamine e acidi grassi essenziali ma non esistono carboidrati essenziali. Tuttavia il ruolo dei glucidi nel nostro organismo è fondamentale. Il solo sistema nervoso centrale necessita di circa 180 grammi di glucosio al giorno per svolgere le proprie funzioni in maniera ottimale. Anche alcune cellule del sangue (globuli rossi) e della midollare del surrene utilizzano esclusivamente glucosio come fonte energetica primaria.

    Qualora ve ne fosse bisogno, il nostro organismo può ricavare glucosio a partire dallo scheletro carbonioso di alcuni aminoacidi e dal glicerolo contenuto nei grassi. In condizioni di estrema carenza di glucosio (digiuno prolungato) questo processo porta alla formazione di sostanze tossiche, i corpi chetonici che abbassano il pH ematico con gravi conseguenze per l'organismo.


    Eccesso di carboidrati, l'indice glicemico
    Generalmente la dieta dei Paesi industrializzati è molto ricca di carboidrati. In particolare negli ultimi si è fatto largo uso di glucidi semplici, cioè di mono e disaccaridi che vengono aggiunti durante la preparazione per dolcificare gli alimenti.

    Carboidrati e glucidiUn eccessivo consumo di zuccheri è correlato a patologie come l'obesità , la carie dentale ed il diabete. Si consiglia pertanto di limitare l'utilizzo di carboidrati ad alto indice glicemico preferendo quelli a basso indice glicemico.

    L'indice glicemico (IG) rappresenta la velocità con cui aumenta la glicemia in seguito all'assunzione di 50 grammi di carboidrati. Più è alto l'indice glicemico e più veloce è l'assorbimento dei carboidrati.

    Gli zuccheri semplici (alto IG) entrano in circolo molto velocemente rendendo necessaria un'iperproduzione di insulina che a lungo andare può portare ad un declino funzionale delle cellule deputate alla sua produzione (diabete). Il brusco calo di glicemia che ne consegue oltre ad affaticare il soggetto, rendendolo più stanco e meno concentrato, porta ad una prematura comparsa dello stimolo della fame. Si entra in questo modo in un circolo vizioso che può facilmente condurre all'obesità.



    ZUCCHERI
    Il saccarosio è un composto chimico organico della famiglia dei glucidi disaccaridi, comunemente chiamato zucchero, sebbene quest'ultimo termine indichi un qualsiasi generico glucide (detto anche carboidrato o idrato del carbonio semplice), al quale appartiene anche il saccarosio.

    In relazione alla sua struttura chimica, il saccarosio è classificabile come un disaccaride, in quanto la sua molecola è costituita da due monosaccaridi, più precisamente glucosio e fruttosio.

    A temperatura ambiente e pressione atmosferica si presenta sotto forma di solido (in cristalli) o disciolto in soluzione. Lo si trova largamente in natura, nella frutta e nel miele (in percentuale più bassa rispetto al fruttosio), sebbene, da sempre, esso si estragga dalle piante della barbabietola da zucchero (soprattutto in Europa) e dalla canna da zucchero (nel resto del mondo).
    Il saccarosio così estratto viene utilizzato nell'ambito dell'industria alimentare, specialmente dolciaria e pasticciera, prendendo il nome di comune zucchero da cucina (raffinato bianco oppure integrale "grezzo").

    Il saccarosio è usato principalmente nell'alimentazione, aggiunto a cibi e bevande in percentuali più o meno considerevoli; è immediatamente assimilabile e apporta circa 17 kJ (4 chilocalorie) per grammo.
    In Italia, il consumo annuo pro capite di zucchero è di circa 24 kg[16], più basso della media europea che è di circa 32 kg.

    Un consumo eccessivo di zucchero è considerato dall'Organizzazione mondiale della sanità tra le probabili cause di varie patologie, tra cui le principali sono l'iperglicemia, l'obesità, danni cardiovascolari in genere, diabete e carie dentaria.
    La stessa organizzazione consiglia pertanto di non aggiungere lo zucchero ai cibi che già contengono altre tipologie di zuccheri e carboidrati: pane, frutta, pasta e latte già ne contengono in quantità sufficiente per il fabbisogno umano. Un eccesso nell'organismo di zuccheri non immediatamente utilizzati come fonte di energia, ne provoca la conversione in glicogeno il quale viene depositato nelle cellule dei muscoli scheletrici e del fegato per poter essere ritrasformato, quando necessario, in glucosio.

    In alcuni soggetti può essere presente un'intolleranza alimentare al saccarosio, causata principalmente dalla carenza dell'enzima invertasi (o saccarasi), che facilita la scissione del saccarosio in glucosio e fruttosio. Per diagnosticarla occorrono esami specifici. Tuttavia, l'intolleranza alimentare ai glucidi più comune è quella al lattosio, mentre le altre intolleranze sono genericamente legate al normale invecchiamento dell'età.
    Alternative al saccarosio

    Vi sono diverse alternative al saccarosio come dolcificante, sia naturali che di sintesi; la principale è senz'altro il miele, utilizzato almeno dalla preistoria, oltre a sciroppi ricavati da alberi come l'acero o da cereali e frutta, contenenti principalmente fruttosio. Un dolcificante naturale è anche la stevia. Esistono poi molti dolcificanti di sintesi come lo xilitolo ed il sorbitolo, entrambi di origine naturale e adatti per i soggetti diabetici, o completamente artificiali come l'acesulfame e l'aspartame.


    Il glucosio (o "glucoso") è un monosaccaride aldeidico; è il composto organico più diffuso in natura, sia libero sia sotto forma di polimeri.
    Dal punto di vista chimico, il glucosio è uno zucchero a sei atomi di carbonio e rientra pertanto nella categoria degli esosi.

    Il glucosio è un monosaccaride, cioè uno zucchero che non può essere idrolizzato in un carboidrato più semplice.

    La maggior parte degli zuccheri complessi presenti nell'alimentazione viene scissa e ridotta in glucosio e in altri glucidi semplici.

    Il glucosio, infatti, si ottiene per idrolisi di molti carboidrati, fra cui il saccarosio, il maltosio, la cellulosa, l'amido ed il glicogeno .

    Il fegato è in grado di trasformare in glucosio altri zuccheri semplici, come il fruttosio.

    A partire dal glucosio è possibile sintetizzare tutti i carboidrati necessari alla sopravvivenza dell'organismo.

    Il livello di glucosio nel sangue e nei tessuti è regolato con precisione da alcuni ormoni ( insulina e glucagone ); il glucosio in eccesso viene conservato in alcuni tessuti, tra cui quello muscolare, sotto forma di glicogeno.


    I carboidrati sono una fonte di energia molto importante per gli organismi viventi; la loro combustione attraverso la respirazione fornisce circa 4 kilocalorie per grammo.

    La capacità del fegato di immagazzinare glucosio è piuttosto limitata (70-100 g), e gli eventuali carboidrati in eccesso (rispetto al fabbisogno calorico) vengono convertiti in grassi e depositati nel tessuto adiposo.

    Attraverso la glicolisi, il glucosio è immediatamente coinvolto nella produzione dell'adenosin-trifosfato (ATP), che è il vettore energetico delle cellule. È altresì un composto critico nella sintesi delle proteine e nel metabolismo dei lipidi. Inoltre, dato che le cellule del sistema nervoso non sono in grado di metabolizzare i lipidi, il glucosio rappresenta la loro fonte principale di energia.

    Il glucosio è assorbito nel sangue attraverso le pareti intestinali. Parte di esso viene indirizzato direttamente alle cellule cerebrali, mentre il rimanente si accumula nei tessuti del fegato e dei muscoli in una forma polimerica affine all'amido, il glicogeno. Quest'ultimo è una fonte di energia ausiliaria per il corpo e funge da riserva che viene consumata quando è necessario.

    Proprio il rapido assorbimento del glucosio ne fa uno degli zuccheri semplici a più alto indice glicemico, tanto che viene internazionalmente utilizzato come unità di misura di tale indice, e posto a 100.

    Il fruttosio ed il galattosio, altri zuccheri che si formano dalla scissione dei carboidrati, vengono indirizzati al fegato, dove vengono a loro volta convertiti in glucosio. Questo percorso più lungo ne fa degli zuccheri più adatti per un utilizzo dilazionato nel tempo, in quanto il loro indice glicemico è inferiore, ma la loro efficacia è più duratura, in virtù del lento rilascio in forma di glucosio da parte del fegato.
    L'assorbimento del glucosio a livello intestinale richiede l'intervento di diversi trasportatori del glucosio, ovvero proteine integrali di membrana che mediano il passaggio delle molecole del monosaccaride da una parte all'altra dell'epitelio. Il modello che descrive questo processo prende in considerazione tre trasportatori detti SGLUT1, Na+/K+ ATPasi (pompa sodio-potassio) e GLUT2.

    Il sodio entra nelle cellule dell'epitelio tramite un simporto Sodio-Glucosio, SGLUT1, grazie a un gradiente di concentrazione favorevole trascinando con sé il glucosio. La differenza di concentrazione è mantenuta grazie alla pompa sodio/potassio che espelle costantemente ioni Na+ fuori dalla cellula. Il glucosio poi può raggiungere la circolazione sanguigna attraverso GLUT2 senza bisogno di ulteriore energia perché si muove secondo gradiente.


    Il Fruttosio è un composto chimico organico glucide, o zucchero semplice monosaccaride simile al glucosio, e che si differenzia principalmente da quest'ultimo poiché di tipo chetoso anziché aldoso; combinato poi chimicamente con quest'ultimo, forma il più noto disaccaride saccarosio. Entrambi sono importanti nella nutrizione umana e animale, spesso usati come dolcificanti e nell'industria alimentare di dolci e panificati.

    In natura si presenta, solido o in soluzione liquida, nella maggior parte dei frutti zuccherini e dei loro relativi succhi, quindi nel miele, e in percentuale più bassa, in diversi vegetali, ad esempio la bieta da zucchero o la canna da zucchero, dai quali tuttavia si ricava il più noto saccarosio.
    Il fruttosio è il più dolce tra tutti i tipi di zuccheri.

    Se ingerito da solo il fruttosio giunge inalterato fino all'intestino tenue dove viene assorbito e veicolato verso il fegato.

    La sua velocità di assorbimento è inferiore rispetto a quella del glucosio e del saccarosio ma comunque maggiore di quella degli edulcoranti artificiali consigliati ai soggetti diabetici (polialcoli).

    Grazie a questo assorbimento relativamente rapido il fruttosio non ha gli effetti lassativi tipici dei dolcificanti artificiali. Tuttavia, se assunto in eccesso può superare la massima capacità di assorbimento andando in contro ad una rapida fermentazione che causa flatulenza e dolori intestinali.

    Il fegato ha il compito di metabolizzare il fruttosio trasformandolo in glucosio che, per via della lentezza con la quale viene prodotto, è riversato in circolo lentamente.

    Tuttavia tale capacità di trasformazione ha un limite e, se presente in eccesso, il fruttosio viene convertito in acido lattico o in trigliceridi che verranno poi immessi nel sangue o depositati nel fegato (vedi steatosi epatica). L'ipertrigliceridemia (elevata quantità di trigliceridi nel sangue) rappresenta uno dei principali fattori di rischio per le malattie cardiovascolari (gli altri lipidi ematici, come il colesterolo o l'HDL non vengono minimamente influenzati dal metabolismo del fruttosio). Oltretutto l'eccesso di trigliceridi viene captato dalle cellule che provvedono a depositare gli acidi grassi sottoforma di tessuto adiposo.



    FONTI: Wikipedia, my-personaltrainer.it

    Edited by JackII - 21/7/2015, 17:20
     
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    ATP
    L'adenosina trifosfato (o ATP) è un ribonucleoside trifosfato formato da una base azotata, cioè l'adenina, dal ribosio, che è uno zucchero pentoso, e da tre gruppi fosfato. È uno dei reagenti necessari per la sintesi dell'RNA, ma soprattutto è il collegamento chimico fra catabolismo e anabolismo e ne costituisce la "corrente energetica". Esso viene idrolizzato ad ADP (adenosindifosfato), che viene riconvertito in ATP mediante vari processi.

    L'ATP è il composto ad alta energia richiesto dalla stragrande maggioranza delle reazioni metaboliche endoergoniche. Esso viene prodotto secondo la reazione endoergonica:

    ADP + Pi + E => ATP

    L'ATP non può stare libero nel citosol ma deve essere chelato (stabilizzato) dal magnesio. Esso maschera parzialmente le cariche negative e influenza la conformazione nello spazio dei gruppi fosfato.

    Dalla respirazione, in cui si libera energia, una parte molto piccola di essa (30,5 kJ/mol) viene immagazzinata nelle molecole di ATP. L'immagazzinamento vero e proprio avviene quando la fosfocreatina cede alla molecola di ADP un gruppo fosfato che appunto le mancava per divenire ATP. Mentre si uniscono gruppo fosfato e ADP, l'energia viene imprigionata nei nuovi legami chimici: adesso avremo finalmente la molecola di ATP.

    Quasi tutte le reazioni cellulari e i processi dell'organismo che richiedono energia vengono alimentati dalla conversione di ATP in ADP; tra di esse vi sono, ad esempio, la trasmissione degli impulsi nervosi, la contrazione muscolare, i trasporti attivi attraverso le membrane plasmatiche, la sintesi delle proteine e la divisione cellulare. Nei vertebrati il gruppo fosfato necessario a questa reazione viene conservato in un composto, chiamato creatinfosfato, che si trova soprattutto nel tessuto muscolare.

    La respirazione cellulare è un processo che avviene nelle cellule in presenza di ossigeno (aerobiosi), attraverso il quale le sostanze nutritive derivanti dalla digestione (negli animali) o dalla fotosintesi vengono ossidate allo scopo di produrre l'energia necessaria al metabolismo. In particolare, la principale molecola che agisce da substrato per la respirazione cellulare è il glucosio; l'energia che si ottiene viene immagazzinata nei legami ad alta energia contenuti nella molecola adenosina trifosfato, ATP.

    La respirazione cellulare porta complessivamente alla formazione netta di 38 molecole di ATP per ogni molecola di glucosio coinvolta nella reazione. La glicolisi può costituire, in presenza di ossigeno, il primo ciclo di reazioni della respirazione cellulare.



    FONTI: Wikipedia, my-personaltrainer.it

    Edited by JackII - 7/4/2015, 18:14
     
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    CREATINA
    La creatina è un composto intermedio del metabolismo energetico sintetizzato dal fegato (1 g/die) a partire da arginina, S-adenosil metionina e glicina, ed è utilizzato nei muscoli dei mammiferi per rigenerare ATP durante i primi secondi della contrazione muscolare. L'organismo umano è in grado di immagazzinarne al massimo 0,3 g per ogni kg di peso corporeo.

    Quando si assume creatina di origine animale, si ha la sua fosforilazione sull'azoto glicinico a fosfocreatina. Normalmente viene ricercato il suo prodotto di degradazione nelle urine e nel sangue (creatininemia), la creatinina, come indice della funzionalità renale. Successivamente è stata impiegata in terapia medica ed è un integratore utilizzato dagli sportivi soprattutto in discipline anaerobiche, come ad esempio culturismo, sollevamento pesi e powerlifting.

    La creatina interviene, dal punto di vista metabolico, per soddisfare le richieste energetiche del meccanismo anaerobico alattacido. Il meccanismo anaerobico alattacido è quel meccanismo energetico che si attiva non appena inizia uno sforzo muscolare intenso. Questo processo prevede una sola reazione chimica e consente di avere una disponibilità immediata di energia.

    L'ossigeno non viene utilizzato in questo meccanismo energetico, che per questo motivo è definito anaerobico, mentre il termine alattacido sottolinea che durante la reazione non vi è produzione di acido lattico. Come abbiamo detto, questo sistema ha una latenza molto breve, una potenza elevata ma una capacità ridotta. Le riserve di fosfocreatina, infatti, si esauriscono rapidamente (circa 4-5 secondi, anche se la quantità di creatina fosfato presente nei muscoli è variabile ed aumenta con l'allenamento). Durante l'attività muscolare intensa e di breve durata, il decremento della forza sviluppata è direttamente collegato al depauperamento delle riserve muscolari di fosfocreatina.

    Quasi il 70% di questi studi hanno riportato un significativo miglioramento della performance, mentre gli altri hanno generalmente riportato guadagni non significativi in questi termini di prestazioni. Nessuno studio ha riportato un effetto ergolitico sulle prestazioni, anche se alcuni hanno suggerito che l'aumento di peso associato alla supplementazione di creatina potrebbe essere controproducente in sport come la corsa o il nuoto[22]. L'incremento medio delle prestazioni da questi studi varia tipicamente tra il 10 e il 15% a seconda della variabile di interesse. Ad esempio, è stato riportato che la sua supplementazione a breve termine migliori la potenza/forza (5-15%), il lavoro eseguito durante una serie con i pesi alla massima fatica (5-15%), la prestazione dello sprint singolo (1-5% ) e il lavoro svolto durante l'esecuzione di sprint ripetuti (5-15%). La supplementazione di creatina a lungo termine sembra migliorare la qualità complessiva dell'esercizio, portando a maggiori guadagni in forza e prestazioni tra il 5 e il 15%. Quasi tutti gli studi indicano come l'uso appropriato di creatina sia in grado di aumentare la massa corporea di circa 1–2 kg nella prima settimana di carico. Altri dati hanno dimostrato che in termini di guadagno di massa muscolare, la supplementazione di creatina in concomitanza con l'esercizio coi pesi porta, in media, a 2–3 kg di muscolo aggiuntivi durante un periodo di 12 settimane e ciò è associato a una significativa ipertrofia di tutti i tipi di fibre muscolari.

    Una vasta letteratura conferma l'efficacia della supplementazione di creatina anche in altri ambiti sportivi. Gli adattamenti a breve termine segnalati includono aumento della potenza nel ciclismo, così come un aumento delle prestazioni sportive nello sprint, nel nuoto e nel calcio. Gli adattamenti a lungo termine combinando la supplementazione di creatina con l'allenamento includono l'aumento della creatina muscolare e del contenuto di fosfocreatina, della massa magra, della forza, delle prestazioni nello sprint, della potenza e del volume muscolare.

    Negli studi a lungo termine, i soggetti che assumono creatina guadagnano circa il doppio della massa corporea e/o la massa magra (cioè, un extra di 2-4 chili di massa muscolare durante 4-12 settimane di allenamento) rispetto ai soggetti che assumono un placebo. I guadagni di massa muscolare sembrano essere il risultato di una migliore capacità di svolgere esercizio fisico ad alta intensità, attraverso una maggiore disponibilità di fosfocreatina e una maggiore sintesi di ATP, consentendo in tal modo all'atleta di allenarsi più duramente e di promuovere una maggiore ipertrofia muscolare attraverso una maggiore espressione della catena pesante di miosina, probabilmente a causa di un aumento dei fattori regolatori miogenici miogenina e MRF-4. Il gran numero di indagini scientifiche condotte con risultati positivi ottenuti dalla supplementazione di creatina portano a concludere che sia il supplemento nutrizionale più efficace tra quelli disponibili per aumentare la prestazione ad alta intensità e la massa magra.

    È necessario riconoscere che i risultati positivi ottenuti e dimostrati dall'uso di creatina rappresentano una media sui guadagni di forza e massa muscolare. L'assunzione di creatina mostra un'efficacia dipendente da fattori individuali. L'aumento delle scorte muscolari dipende dai livelli presenti nel muscolo prima della supplementazione. I soggetti che presentano scorte di creatina muscolare naturalmente inferiori, come coloro che assumono poca carne o pesce, oppure non ne assumono (dieta vegetariana), sono più propensi ad assistere a un aumento dello stoccaggio muscolare del 20-40%, mentre coloro presentano delle scorte muscolari relativamente elevate possono aumentarne lo stoccaggio di solo il 10-20%. L'aumento del contenuto di creatina muscolare scheletrico è importante perché gli studi hanno riportato variazioni delle prestazioni proporzionali a questo aumento.

    La supplementazione di creatina può portare ad un incremento di circa il 20% delle riserve muscolari di fosfocreatina. Circa il 30% delle persone non è tuttavia in grado di aumentare tali depositi probabilmente perché nei loro muscoli hanno già riserve massimali di fosfocreatina. Per questi soggetti una sua supplementazione è del tutto inutile.

    Da questa iniziale premessa deriva che l'integrazione di creatina ha una certa utilità soltanto in caso di ridotto apporto con la dieta (vedi "dieta vegetariana") o quando le richieste metaboliche aumentano (sforzi fisici particolarmente intensi).

    Numerosi studi sono stati compiuti con lo scopo di trovare le dosi e le modalità di assunzione più indicate per massimizzare gli effetti della creatina.

    Negli atleti professionisti la supplementazione viene normalmente fatta con una dose da carico di 5 g per 4 volte al giorno (20g/die) per 4-6 giorni seguiti da 2g/die per 3 mesi (un recente studio mostra che tale dose di mantenimento non apporta ulteriori benefici sulla performance, Med Sci Sports Exerc 2005; 37:2140-7)

    Un approccio più "soft" prevede l'assunzione di dosi inferiori, nell'ordine dei 2.5 - 6 g/die per non più di 2 settimane.
    Ad ogni ciclo di creatina orale segue comunque un mese di astinenza.

    Il muscolo ha infatti una capacità massima di immagazzinare creatina (150 mmol/kg) e più alta è la concentrazione meno il soggetto risponde a nuove integrazioni.

    La produzione endogena di Creatina durante una supplementazione dietetica tende a diminuire e ritorna normale dopo un periodo variabile di sospensione dell'integrazione alimentare (Persky AM & Brazeau GA: Clinical pharmacology of the dietary supplement creatine monohydrate. Pharmacol Rev 2001; 53(2):161-176)

    Dopo somministrazione orale di creatina il trasporto della stessa a livello intracellulare dipende dall'effettivo bisogno dell'organismo, ed è influenzato positivamente dalla presenza di catecolamine, IGF 1, insulina. Per questo spesso viene abbinata ad aminoacidi ramificati e carboidrati ad elevato indice glicemico (la famosa banana).

    La caffeina inibisce invece la risintesi di fosfocreatina durante il recupero muscolare per cui è sconsigliata l'assunzione simultanea di creatina caffeina e/o guaranà .

    Sempre più di frequente si riscontrano, soprattutto tra i giovani, condotte di abuso o uso improprio di creatina. Si tratta di comportamenti assai pericolosi in quanto nocivi non solo per il portafoglio ma anche per la propria salute.

    Modalità di assunzione
    La letteratura scientifica definisce diverse modalità di assunzione del tripeptide. Una modalità comune è quella del "carico di creatina" seguita da una fase di mantenimento. Questa procedura è caratterizzata dall'assunzione di circa 0.3 g/kg/die di creatina per 5-7 giorni (corrispondenti a circa 5 grammi, presi quattro volte al giorno, per un totale di 20 grammi), a cui segue un periodo in cui se ne assumono 3-5 grammi al giorno. La ricerca ha dimostrato un aumento delle scorte di creatina muscolare del 10-40% utilizzando questo protocollo. Ulteriori ricerche hanno riportato che il protocollo di carico può necessitare di una durata massima di 2-3 giorni per essere utile, soprattutto se l'ingestione avviene in concomitanza con le proteine e/o i carboidrati. Inoltre, l'integrazione con 0,25 grammi/kg di massa magra al giorno può risultare un dosaggio alternativo sufficiente per aumentare le scorte di creatina nei muscoli.

    Altre modalità di assunzione suggerite e utilizzate non prevedono alcuna fase di carico, oppure l'assunzione ciclica. Alcuni studi hanno riportato che i protocolli senza periodo di carico sono sufficienti e altrettanto efficaci per aumentare la creatina muscolare (3 g/die per 28 giorni), così come la massa muscolare e la forza (6 g/die per 12 settimane). Questi protocolli hanno dimostrato un'efficacia analoga per aumentare i depositi muscolari di creatina, anche se l'aumento è più graduale e per tanto l'effetto ergogenico si manifesta in maniera altrettanto graduale. Il vantaggio dell'assunzione senza carico è un minore impiego generale della sostanza per ottenere gli stessi risultati. Se con un protocollo di carico e mantenimento, un mese (30 giorni) può portare all'assunzione minima di 132 g totali (6 giorni di carico da 20 g + 24 giorni da 3 g), un protocollo ad assunzione costante di 3 g/die porta nello stesso periodo ad assumerne quantitativi di 90 g a parità di risultati, anche se in tempi relativamente maggiori.

    Le modalità cicliche prevedono il consumo di dosi di "carico" per 3-5 giorni ogni 3 o 4 settimane. Questi protocolli sono stati promossi con l'idea di aumentare e mantenere il contenuto di creatina muscolare prima di un calo ai valori basali, il quale si credeva si verificasse in circa 4-6 settimane. In realtà questo metodo può essere ridiscusso, in quanto alcune analisi hanno evidenziato che i trasportatori di creatina non subiscano una downregulation almeno fino a 16 settimane di supplementazione cronica, lasciando intendere che la presunta assuefazione dei trasportatori non si verifichi quantomeno entro queste tempistiche.

    Sintesi:

    Protocollo di carico e mantenimento: carico da 0,3 g/kg/die oppure da 20 g/die per 5-7 giorni, a cui segue il mantenimento da 3-5 g/die;
    Protocollo senza carico: assunzione costante di 3 g/die;
    Protocollo di carico ciclico: carico da 0,3 g/kg/die oppure da 20 g/die per 5-7 giorni, a cui segue il mantenimento da 3-5 g/die e una nuova fase di carico ogni 3-4 settimane.

    Tempi di assunzione (Timing)
    Un'altra questione che merita un approfondimento è il cosiddetto timing di assunzione della creatina, ovvero il momento del giornata in cui sarebbe più idoneo assumerla. Inizialmente alcuni autori avevano suggerito l'assunzione 5 grammi per quattro volte al giorno (20 g/die) durante la fase di carico (nella modalità di assunzione di "carico e mantenimento"). Sebbene queste indicazioni possano essere ritenute valide per la fase di carico, non sarebbero applicabili nella successiva fase di mantenimento, oppure se viene scelto il protocollo ad assunzione costante da 3 g/die senza carico. Alcune ricerche su anziani prevedibilmente suggerirono che "L'ingestione di proteine o di creatina in prossimità delle sessioni di allenamento con sovraccarichi può essere più utile per aumentare la massa muscolare e la forza che l'ingestione di proteine o creatina in altri momenti della giornata, probabilmente a causa di un aumento del flusso sanguigno e quindi di un maggiore trasporto di aminoacidi e creatina verso il muscolo scheletrico" (Candow e Chilibeck, 2008).

    Ma ancora, secondo alcune ipotesi l'assunzione di creatina prima dell'allenamento potrebbe essere giustificata, perché in questo modo essa si renderebbe prontamente disponibile durante lo sforzo. Questa teoria in realtà è solo supposta, perché è necessario un certo periodo di tempo prima che la creatina abbia accesso all'interno della cellula muscolare, dove in teoria può fornire un supporto ergogenico. In realtà, è stato dimostrato che il consumo pre-allenamento di creatina non influisce sulle prestazioni nello sprint rispetto al placebo. Altri studi hanno dimostrato che l'assunzione di creatina pre-esercizio non abbia neppure un impatto sulle alterazioni delle risposte ormonali (testosterone, GH e cortisolo) post-allenamento indotte dall'esercizio coi pesi rispetto al placebo, anche se altri studi ne hanno verificato un'azione stimolante il GH con una fase di carico di 20 gr, ma con una grande variabilità individuale. Comunque, è evidente che gli effetti della creatina sarebbero effettivi diverso tempo dopo l'assunzione, ma non immediatamente durante un allenamento. È stato anche stabilito che gli effetti della creatina si verificano molto tempo dopo l'esecuzione dell'allenamento, mentre quelli di proteine e zuccheri sono molto più rapidi. Al contrario, la logica nell'assunzione della stessa nel post-allenamento sembrerebbe semplice: gli allenamenti riducono la creatina, quindi nel post-allenamento le scorte vengono ricostituite. La teoria di un vantaggio nell'assunzione di creatina dopo l'allenamento piuttosto che prima è stata confermata da ricerche. Antonio e Ciccone (2013) compararono l'assunzione di 5 g di creatina subito prima o subito dopo l'allenamento coi pesi testando 19 culturisti giovani, notando che l'assunzione subito dopo l'allenamento produceva risultati superiori rispetto all'assunzione subito prima, comparando gli effetti dei due protocolli sulla forza e sulla composizione corporea. Queste rilevazioni possono essere particolarmente importanti per la modalità di assunzione costante senza carico, in cui era stato stabilito che bastassero 3 g/die per ottenere sul lungo termine dei benefici analoghi alla supplementazione mediante il protocollo di carico e mantenimento. I risultati possono essere importanti anche nella fase di mantenimento dei protocolli di carico, in cui i dosaggi giornalieri previsti ammontano a circa 3-5 g/die. In sintesi si può suggerire che nei protocolli o nelle fasi in cui l'assunzione di creatina ammonta a 3-5 g giornalieri, questi avrebbero maggiore motivo di essere assunti nell'immediato post-allenamento. Considerando che nell'esercizio coi pesi è piuttosto comune l'assunzione di una bevanda a base di amminoacidi, proteine e carboidrati a rapida assimilazione nell'immediato post-allenamento, anche col fine di veicolare più efficacemente la creatina verso muscoli sfruttando il gran picco di insulina da essa provocato, il fatto che siano stati documentati maggiori benefici dal suo consumo in questa fase offre ulteriori motivazioni valide per assumerla in concomitanza con carboidrati, proteine e amminoacidi nella bevanda assunta post-allenamento. A ulteriore supporto di questa strategia, precedenti indagini (Cribb et al., 2007) stabilirono che su soggetti allenati con pesi, il consumo di una bevanda a base di carboidrati, proteine e creatina favoriva risultati sull'aumento della massa magra e dell'ipertrofia muscolare superiori rispetto al consumo di una bevanda con la stessa quantità di carboidrati e proteine, ma senza creatina. Un ulteriore studio condotto dallo stesso gruppo (Cribb et al., 2006), mostrò che il consumo di una bevanda a base di proteine, glucosio e creatina prima e dopo l'esercizio, dopo 10 settimane portava a una maggiore ritenzione muscolare di creatina, un maggiore aumento della massa magra e della forza, e una leggera perdita di grasso, rispetto all'assunzione della stessa bevanda in momenti diversi della giornata.

    Sintesi:

    Timing protocollo senza carico: Nei giorni di allenamento, 3 g/die nell'immediato post-allenamento. Nei giorni di riposo, 3 g assieme a un pasto insulinostimolante composto da carboidrati, proteine o carboidrati e proteine;
    Timing protocollo di carico e mantenimento: nella fase di carico 20 g distribuiti in 4 assunzioni da 5 g nell'arco della giornata assieme ad un pasto insulinostimolante composto da carboidrati, proteine o carboidrati e proteine, di cui una nel post-allenamento. Nella fase di mantenimento, 3-5 gr/die nell'immediato post-allenamento nei giorni di allenamento. Nei giorni di riposo 3-5 g assieme a un pasto insulinostimolante composto da carboidrati, proteine o carboidrati e proteine;


    Creatina come integratore sicuro per reni e fegato
    Uno dei falsi miti più comuni riguardo alla supplementazione di creatina è lo stress renale. Molte spesso viene posto il quesito sul fatto che la creatina possa essere un integratore sicuro per la salute generale, e per gli organi come i reni e il fegato. Questi sono i due organi coinvolti nell'elaborazione della creatina una volta ingerita. Il fegato ne scinde la molecola e i reni la espellono. Molti studi hanno analizzato la questione, rilevando univocamente che la creatina non esprima effetti dannosi sull'uomo né a breve né a lungo termine, risultando un integratore sicuro per la salute e per fegato e reni. Da questi numerosi studi, emerge che la supplementazione di creatina a lungo termine, nei dosaggi solitamente adottati dai culturisti (5-20 grammi) per lunghi periodi di tempo non portano a disfunzione di uno dei due organi, né causano anomalie nei marker (indicatori) della funzionalità epatica e renale. Possono essere riportati a questo proposito alcuni studi emblematici. In uno studio condotto dal Kuehl et al (2000), venne esaminata la funzione renale di 36 sani atleti maschi e femmine che consumarono 10 g di creatina al giorno. Dopo 12 settimane, venne concluso che la creatina non avesse influenzato negativamente la funzione renale. Uno studio a lungo termine in cui soggetti affetti dalla malattia di Parkinson assunsero 4 g creatina al giorno per 2 anni non accusarono alcuna disfunzione o alterazione dei marker della funzionalità renale dopo il periodo di studio (Bender et al., 2008). Uno studio più importante in cui si stabilirono gli effetti dell'uso a lungo termine venne condotto diversi anni prima da Poortmans et al. (1999). I ricercatori analizzarono un gruppo di giocatori di calcio sani per un periodo di 5 anni, che durante questo periodo assunse dosaggi di creatina fino 15,75 g al giorno, senza mostrare alcun effetto sui marker di stress renale. Alcune review ribadirono l'innocuità della molecola nei confronti della funzionalità renale. Un gruppo di ricercatori decise di spingersi oltre, testando l'uso di creatina su animali con problemi renali pre-esistenti. Ancora una volta, la creatina non ha avuto alcun effetto negativo, anche nei soggetti con disfunzione renale. Un ultimo studio di Lugaresi et al., 2013 ha analizzato gli effetti della somministrazione di creatina per 12 settimane da parte di soggetti allenati con i pesi sotto regime iperproteico (con quantità proteiche maggiori o uguali a 1.2 gr/kg) da un anno. Al termine dello studio non vennero rilevate differenze nel tasso di filtrazione glomerulare (GFR), cioè la quantità di sangue che i reni filtrano al minuto, creatinina, urea, elettroliti, proteinuria e albuminuria. Bisogna considerare che se l'utilizzo di creatina non ha dimostrato alcun effetto negativo in decine di studi e fino 5 anni consecutivi, anche su animali con disfunzioni renali, può essere escluso qualsiasi danno eventuale sull'uso per normali cicli o periodi di qualche mese.

    Considerando il fatto che la creatina ha dimostrato di migliorare le prestazioni dell'esercizio anaerobico, aumentando la potenza, la forza muscolare[49][139], e la dimensione delle fibre muscolari, se ne viene dimostrata in aggiunta la completa sicurezza anche con l'assunzione a lungo termine, questo può risultare uno degli integratori più efficaci e sicuri per questi scopi.


    Creatina e caffeina
    Un suggerimento spesso indicato durante un periodo di utilizzo di creatina è quello di evitare il consumo di caffeina, che ne comprometterebbe le proprietà ergogeniche. Questi dati derivano dalle conclusioni di una ricerca (Vandenberghe et al., 1996) in cui venne stabilito che l'effetto ergogenico della creatina venisse completamente annullato dalla caffeina. Questa conclusione fu inaspettata, poiché lo scopo dello studio era quello di determinare se i due agenti avessero potuto avere un effetto sinergico sul miglioramento delle prestazioni, non se avessero interferito l'uno con l'altro. Questo perché effettivamente sia la caffeina sia la creatina migliorano le prestazioni in modo indipendente, pertanto sarebbe sembrato logico ipotizzarne un effetto potenziato dalla loro combinazione.


    Vantaggi e svantaggi
    Come accennato, sono state diffuse spesso false informazioni per quanto concerne la sicurezza della creatina. Gli sono stati attribuiti, da parte di media o credenze popolari, effetti avversi in realtà mai documentati in letteratura come disidratazione, crampi, danni ai reni e al fegato, lesioni muscolo-scheletriche, disturbi gastrointestinali o sindrome compartimentale anteriore. L'unico effetto collaterale clinicamente significativo riportato nella letteratura scientifica è l'aumento di peso. La letteratura scientifica suggerisce piuttosto che gli atleti effettivamente non sperimentano alcun maggior rischio di maggiore esposizione ai sintomi sopra citati, anzi la supplementazione di creatina potrebbe addirittura ridurre il rischio che si presentino alcuni questi sintomi.

    A dispetto di una lunga serie di miti, equivoci e fraintendimenti, la creatina ha dimostrato di apportare svariati benefici per la salute, anche al di fuori del contesto sportivo, ad esempio in casi patologici. La creatina sembra avere un effetto nootropo, in quanto sono state dimostrate delle proprietà nel miglioramento della memoria e del punteggio in un test di intelligenza nei vegetariani e una riduzione della fatica mentale migliorando l'apporto di ossigeno al cervello. L'integratore è stato effettivamente utilizzato anche per trattare una varietà di condizioni mediche, tra cui una forma di distrofia muscolare e la sclerosi laterale amiotrofica. Sono stati trovati degli effetti positivi anche sulla tolleranza al glucosio se combinata con allenamento coi pesi e la supplementazione di proteine, o su soggetti diabetici di tipo 2. Questo è un risultato di grande importanza, perché il diabete di tipo II è una delle malattie in maggiore crescita nel mondo occidentale. A ulteriore supporto per l'uso di creatina, è stato visto che la sua supplementazione può diminuire il livello di omocisteina, un indicatore tossico per le malattie cardiovascolari. Ciò significa che la creatina ha dimostrato di ridurre uno dei maggiori rischi di mortalità nel mondo occidentale. La ricerca ha anche dimostrato che la creatina può avere un effetto anti-infiammatorio in vitro, ma non è noto quanto questo beneficio possa essere riscontrabile nell'uomo. Un altro studio in vitro ha mostrato che la creatina possiede proprietà antiossidanti, un effetto dimostrato anche sull'uomo. È stato dimostrato sui ratti che la creatina riesca ad avere un effetto antidepressivo mediato dall'attivazione dei recettori della dopamina, e riesca fornire dei benefici significativi per i giovani e gli anziani, migliorandone la qualità della vita, e riducendo l'aggravarsi di malattie associate alla sarcopenia e alla disfunzione cognitiva. Il supplemento ha mostrato benefici nel migliorare la funzionalità fisica in donne post-menopausali affette da osteoartrite alle ginocchia sottoposte a un programma con i pesi. È stato trovato che la creatina sia in grado di ridurre l'aumento dei marker del danno muscolare a seguito dell'esercizio coi pesi migliorando quello che viene definito repeated bout effect.



    FONTI: Wikipedia, my-personaltrainer.it

    Edited by JackII - 8/4/2015, 21:34
     
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    ARGININA
    L'arginina è un aminoacido essenziale per i bambini in fase di crescita ma non per gli adulti (dato che può essere sintetizzata dall'organismo, soprattutto a livello renale ed epatico).

    Nell'adulto l'arginina rientra comunque nella categoria degli "aminoacidi condizionatamente essenziali" (insieme a glicina, glutamina, prolina e taurina) perché ricopre un ruolo fondamentale nel mantenimento dell'omeostasi e delle funzioni dell'organismo.

    In alcune condizioni patologiche l'arginina può essere sintetizzata ad una velocità insufficiente per far fronte ai reali bisogni e proprio a questa sua caratteristica deve l'appellativo di "amminoacido condizionatamente essenziale".

    L'arginina sta assumendo notevole importanza come precursore dell'ossido nitrico per le tante funzioni che quest'ultimo espleta nell'attività cellulare, nella trasduzione dei segnali biologici e nella difesa immunitaria.


    Funzioni
    Le funzioni dell'arginina sono molteplici e proprio a tale importanza biologica è dovuta la sua popolarità nel mondo farmaceutico:

    l'arginina è un precursore della creatina e ne aumenta la velocità di sintesi; tuttavia non si sa ancora se tale proprietà sia in grado di influenzare positivamente la performance atletica. L'arginina interviene inoltre nella sintesi di altri amminoacidi e in quella del glucosio, agendo in tal senso come aminoacido gluconeogenetico (l'arginina può cioè essere catabolizzata per produrre energia quando le scorte di glucosio scarseggiano).

    l'arginina è un prodotto intermedio del ciclo dell'urea e come tale contribuisce a detossificare l'organismo. Durante un esercizio fisico l'ammoniaca prodotta deriva principalmente dalla deaminazione dell'AMP (adenosinmonofosfato) nelle cellule muscolari. Dato che l'accumulo di ammoniaca è uno dei fattori che determinano la fatica, il potere detossificante dell'arginina potrebbe essere molto utile anche negli sport di durata (ciclismo, corsa, sci di fondo ecc.).


    Proprietà vasodilatatorie
    L'arginina viene comunemente proposta come amminoacido in grado di promuovere una dilatazione dei vasi sanguigni, o vasodilatazione, godendo di una certa diffusione nel mondo del bodybuilding. I prodotti vasodilatatori sul mercato hanno la pretesa di stimolare il flusso sanguigno e di conseguenza di migliorare il trasporto di nutrienti ai muscoli, con conseguente aumento dell'ipertrofia muscolare e della forza. Questi prodotti sono composti per una buona parte da arginina. Fondamentalmente, si afferma che la somministrazione di arginina sia in grado di stimolare la sintesi di ossido nitrico (NO) nei vasi sanguigni.

    La teoria potrebbe essere configurata nel modo seguente:

    Arginina -> Ossido Nitrico -> Vasodilazione -> Trasporto di nutrienti -> Ipertrofia e forza muscolare

    La teoria della vasodilatazione è relativamente semplice. L'arginina è il precursore per la sintesi di ossido nitrico ed è stato dimostrato che l'infusione di alte dosi di arginina direttamente nel sangue può portare a vasodilatazione in esseri umani sani a digiuno. In realtà, dosi elevate possono portare a una diminuzione dell'acqua corporea totale e di sodio. Ma anche solo dosi inferiori a 10 grammi sono state associate a disturbi gastrici se consumate per via orale.

    Altri ricercatori dimostrarono che lo stress gastrico indotto dall'assunzione orale di arginina riduceva la quantità assimilata impedendo che i test potessero essere completati in modo efficace. Nonostante l'assunzione di 7 grammi all'ora per 3 ore (per un uomo di 90 kg), i ricercatori dichiararono: "Tutti i nostri soggetti hanno riportato lievi crampi intestinali e diarrea che sono durati per circa cinque ore".

    Questi dosaggi di arginina inoltre non hanno avuto alcun effetto significativo sul successivo accumulo di glicogeno nella fase post-esercizio. Poiché l'arginina orale ha una biodisponibilità di solo il 70%, e fino al 50% di questa può essere convertita in ornitina, nelle ricerche l'arginina non viene assunta in compresse o in polvere. È per questo che negli studi scientifici l'arginina è solitamente infusa direttamente nel sangue periferico, e anche in questo caso è comune una dose di 30 grammi.

    Infatti, uno studio ha confrontato l'effetto dell'infusione e dell'assunzione orale. I ricercatori hanno scoperto che 6 grammi di arginina non hanno avuto effetto tramite entrambe le vie di somministrazione, mentre per ottenere vasodilatazione ci sono voluti 30 per infusione. Ciò significa che per ottenere dei risultati dalla sua assunzione sono necessari almeno 30 grammi per infusione endovenosa. Se si volessero ottenere questi risultati da una dose orale, sarebbe necessario assumerne almeno 43 grammi, perché solo un 70% è biodisponibile (cioè 30/0,7=43). Ma se solo 10 grammi di arginina possono causare disturbi gastrici, allora non sarebbe possibile ottenerne i benefici da una dose adeguata di almeno 43 grammi assunta per via orale (prendendo in considerazione la biodisponibilità) .

    Poiché queste conclusioni potrebbero essere interpretate come casi isolati, altri studi hanno investigato su alte dosi orali di arginina e il flusso sanguigno indotto dall'ossido nitrico, e non hanno mostrato alcun effetto con l'assunzione di 21 grammi (7 g per 3 volte al giorno). Due ulteriori studi in cui sono stati assunti 20 grammi al giorno per 28 giorni non hanno evidenziato effetti.

    Inizialmente, questa completa assenza di effetti poteva sorprendere, considerando che l'arginina è il precursore per la sintesi di ossido nitrico. Ma da un esame più approfondito, è emerso che i livelli naturali di arginina sono di gran lunga superiori a quelli che dovrebbero attivare l'enzima responsabile della produzione di ossido nitrico, un effetto noto come il "paradosso dell'arginina".

    In un altro studio, una dieta della durata di 6 giorni con assenza di arginina non ha influenzato la sintesi di ossido nitrico. Ciò indica che l'arginina non è il fattore limitante per la produzione di ossido nitrico, e la sua regolazione è molto più complicata di quanto le aziende di integratori possono far credere.

    Naturalmente, il completo riposo e il digiuno non sono condizioni applicabili agli atleti, per cui gli effetti hanno un'ulteriore variabilità nel contesto sportivo. In uno studio degno di nota (Robinson et al., 1992) vennero somministrati 10 grammi di arginina con 70 grammi di carboidrati in soggetti che avevano effettuato un allenamento coi pesi o un esercizio in bicicletta. I risultati indicarono che non ci fosse alcun cambiamento nel flusso sanguigno o nell'assorbimento di glucosio rispetto al placebo, indipendentemente dalla modalità di esercizio utilizzata. Questo è importante perché contraddice le affermazioni dei produttori di integratori.



    FONTI: Wikipedia, my-personaltrainer.it

    Edited by JackII - 9/4/2015, 21:06
     
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    POTASSIO
    È un metallo alcalino tenero, bianco-argenteo, che si trova in natura combinato con altri elementi sia nell'acqua di mare sia in molti minerali. Si ossida rapidamente all'aria ed è molto reattivo, specie con l'acqua; somiglia molto al sodio per il suo comportamento chimico. È facilmente infiammabile e corrosivo.
    Il potassio è molto leggero, di colore bianco argenteo, secondo in ordine di leggerezza dopo il litio; è addirittura meno denso dell'acqua. Come metallo è talmente tenero che si può tagliare facilmente con un coltello; le superfici fresche mostrano un colore argenteo che a contatto con l'aria sparisce rapidamente. Per questa grande facilità di reazione il potassio metallico deve essere conservato in olio minerale.

    Come gli altri metalli alcalini, il potassio reagisce violentemente con l'acqua, generando idrogeno e idrossido di potassio; la reazione è così violenta che l'idrogeno prodotto nella reazione può prendere fuoco. I suoi sali emettono una luce violetta se esposti alla fiamma.

    Il potassio si trova principalmente nei liquidi intracellulari, dove esercita le stesse funzioni svolte dal sodio all'esterno della cellula: regola cioè l'eccitabilità neuromuscolare, la ritmicità del cuore, la pressione osmotica, l'equilibrio acido-base e la ritenzione idrica.
    In una dieta "standard", l'apporto giornaliero di potassio ammonta a 4 g ed è largamente superiore al fabbisogno richiesto.

    Le principali fonti alimentari di potassio sono i vegetali in foglia (come ad esempio, prezzemolo e spinaci), legumi come fagioli, lenticchie e piselli secchi, banane, datteri, prugne, uva passa e frutta secca. Ricchi di questo minerale sono anche il pesce, in particolare trota, merluzzo, nasello e sogliola, e la carne, soprattutto di bovino e di agnello.

    L'assorbimento avviene passivamente nel duodeno e nel digiuno (intestino), mentre l'eliminazione avviene mediante le urine. Attraverso i reni possono essere eliminate grandi quantità di potassio senza rischiare l'intossicazione, come avviene nei vegetariani. Al contrario, in caso di apporto carente, non esiste un meccanismo di blocco per la sua eliminazione, perciò se ne elimina sempre la stessa quantità (eliminazione obbligatoria).

    Carenza ed eccesso
    Una carenza di potassio si può instaurare in particolari stati patologici, in seguito ad una prolungata somministrazione di soluzioni prive di potassio per via parenterale, nel caso di iperfunzione dei surreni o di eccessiva assunzione di diuretici. I sintomi sono: debolezza muscolare, ipereccitabilità, aritmie ed alterazioni elettrocardiografiche fino a giungere al blocco cardiaco ed alla morte.

    Un eccesso di potassio dovuto ad insufficienza renale, disidratazione, insufficiente secrezione surrenalica, provoca astenia, crampi muscolari, ipotensione, bradicardia e arresto cardiaco.


    IL FABBISOGNO DI SALI MINERALI NELLO SPORT
    Il sudore contiene sali minerali. Soprattutto negli sport di lunga durata o nelle competizioni che si svolgono in condizioni di temperatura elevata, la continua sudorazione può portare a importanti perdite di sodio e cloro.
    Potassio, Magnesio e Calcio vengono persi invece in minori quantità.
    Spesso durante le gare prolungate non si riesce a bilanciare la perdita di acqua e di sali minerali. Per questo si consiglia acqua minerale o in alternativa bevande isotoniche - cioè simili alla concentrazione salina delle cellule - che contengono le giuste quantità di sali minerali. Occorre comunque sapere che il primo compito è quello di bilanciare i fluidi, continuando a bere abbondante acqua minerale anche nella giornata dopo la gara.
    Viceversa, per il riequilibrio dei sali è sufficiente la dieta, a volte integrata con bevande isotoniche o con centrifugati di frutta e verdura.
    I 22 minerali che rappresentano circa il 4% del nostro peso corporeo, sono nutrienti essenziali che partecipano attivamente alla regolazione di molte funzioni fisiologiche ed entrano nella costituzione dei tessuti corporei. Tra queste vi sono alcune funzioni vitali quali il trasporto di ossigeno alle cellule, la contrazione muscolare per il movimento e il funzionamento del sistema nervoso centrale. In alte concentrazioni sono presenti nello scheletro e nei denti e, in percentuali più basse, nei fluidi corporei e in tutte le cellule.



    FONTI: Wikipedia, my-personaltrainer.it, biosportmed.it

    Edited by JackII - 9/4/2015, 21:24
     
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    MAGNESIO
    Il magnesio è un metallo leggero, di colore bianco argento e abbastanza duro, che si appanna leggermente se esposto all'aria.

    La polvere di questo metallo si scalda e brucia con una fiamma bianca a contatto con l'aria. È difficile che prenda fuoco quando viene conservato in grosse quantità, ma si infiamma facilmente se disposto in strisce o filamenti sottili (usato per le lampade fotografiche a flash).

    L’apporto quotidiano raccomandato di magnesio per un adulto è di 350 mg per gli uomini e 300 mg per le donne (Lichton, 1989), dose aumentabile fino a 450 mg nel periodo di gravidanza e allattamento. Il magnesio è responsabile di molti processi metabolici essenziali, come la formazione dell’urea, la trasmissione degli impulsi muscolari, la trasmissione nervosa e la stabilità elettrica cellulare.
    Il magnesio è essenziale per l’attività e l’equilibrio del sistema nervoso: svolge un’azione distensiva e calmante e attenua l’eccitabilità dei nervi e dei muscoli. Riduce la secrezione dell’adrenalina e si rivela efficace per sciogliere i crampi e rilassare le tensioni , ad esempio in caso di mal di testa da nervosismo, intestino irritabile, tachicardia e dolori allo stomaco.

    Il magnesio interviene nella coagulazione sanguigna e nel metabolismo dei lipidi, delle proteine e dei glucidi e permette la produzione di energia. Favorisce il mantenimento di un Ph equilibrato nel sangue, regola il ritmo cardiaco e ha un’azione vasodilatatrice. Consolida la formazione e la crescita delle ossa.

    L'assorbimento avviene a livello dell'intestino tenue ed è favorito dal contenuto plasmatico di vitamina D, mentre è inibito da elevate concentrazioni di calcio, proteine, fosfato della dieta, da diarrea e da alcolismo cronico.

    Mentre il Magnesio non ostacola l'assorbimento del Calcio, il Calcio inibisce l'assormbimento del Magnesio.
    L'eliminazione di magnesio si ha con le feci e con l'urina. I diuretici, alcuni antibiotici e il diabete mellito aumentano notevolmente l'escrezione renale di magnesio.

    La mancanza di magnesio nell'organismo può portare a nausea e vomito, diarrea, ipertensione, spasmi muscolari, insufficienza cardiaca, confusione, tremiti, debolezza, cambiamenti di personalità, apprensione e perdita della coordinazione.

    Il magnesio è contenuto in molti prodotti alimentari, come i cereali (soprattutto integrali), le noci (160 mg per 100 grammi di prodotto), mandorle (200 mg) arachidi (120 mg), miglio e grano saraceno (120÷140 mg), cacao (400 mg), germe di grano, lenticchie e le verdure verdi e anche nelle carni, nei farinacei e nei prodotti lattiero-caseari. La cottura dei cibi riduce sensibilmente la disponibilità di magnesio negli alimenti.

    Esistono acque minerali ricche in sali di magnesio.


    Questo minerale svolge un ruolo importante nelle reazioni enzimatiche in cui è coinvolta l'ATP, poiché in queste reazioni la forma attiva dell'ATP è complessata con lo ione magnesio Mg++. Il magnesio interviene inoltre nella regolazione dell'eccitabilità delle membrane nervose e muscolari e nella trasmissione sinaptica.
    Durante l'attività sportiva, viene eliminato più MAGNESIO sia tramite la sudorazione, sia attraverso i reni con l'urina. Si aggiunge un ulteriore consumo a causa delle maggiori attività metaboliche.

    Talora la quantità di MAGNESIO apportato attraverso gli alimenti non è sufficiente a mantenere in equilibrio il bilancio dello stesso per le persone che praticano attivamente sport.

    E' molto importante, quindi, riempire di nuovo i propri depositi di MAGNESIO nelle fasi di rigenerazione per far fronte all'aumentato fabbisogno.

    Se, chi fa sport, assume troppo poco Magnesio con gli alimenti per un periodo prolungato, è possibile che ne conseguano manifestazioni come scosse o crampi muscolari o difficoltà nel recupero.

    Quindi lo sportivo, sia amatoriale che agonista, ha la necessità di integrare, insieme ad una dieta bilanciata e appropriata alle caratteristiche del proprio impegno fisico, elementi nutrizionali che possano aumentare la sua performance e che aiutino il recupero fisico una volta cessata l'attività, evitando quei fastidiosissimi blocchi neuro-muscolari dovuti allo sforzo.

    Il MAGNESIO è un minerale molto importante in questo caso specialmente se associato con il NADH.


    Questo per due ragioni: il NADH partecipa al ciclo di Krebs, che ottimizza la respirazione cellulare e produce energia vitale per la cellula, migliorando le performance muscolari; il secondo motivo consiste nel garantire un processo di assimilazione del MAGNESIO anche a livello intestinale rendendolo più prontamente disponibile.

    A differenza di altri sali minerali (sodio, potassio, cloro, calcio) il MAGNESIO è quello più difficile da mantenere con una normale alimentazione.

    L'assorbimento del MAGNESIO e del calcio può essere limitato:

    - abuso di te o caffè

    - ingestione di eccessive quantità di grassi insaturi di origine animale

    -consumo di pasti complessi

    - elevata assunzione di alcolici

    - abusi di fibre e lassativi

    Quindi il MAGNESIO durante l'attività sportiva serve per:

    - migliorare la performance

    - incrementare la produzione di energia

    - aumentare la resistenza allo sforzo

    - ottimizzare l'attività muscolare

    - regolare la contrazione muscolare

    - migliorare la coordinazione motoria

    - diminuire la produzione di acido lattico

    - evitare crampi neuro-muscolari

    - ridurre la soglia del dolore da affaticamento

    - coordinare la termo-regolazione corporea

    Concludendo il MAGNESIO è un prezioso sostegno da utilizzare, prima, durante e dopo uno sforzo fisico.


    FONTI: Wikipedia, my-personaltrainer.it, cure-naturali.it, naturaid.it

    Edited by JackII - 17/7/2015, 18:04
     
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    PROTEINE
    In analogia con altre macromolecole biologiche come i polisaccaridi e gli acidi nucleici, le proteine costituiscono una parte essenziale degli organismi viventi. Molte fanno parte della categoria degli enzimi, la cui funzione è catalizzare le reazioni biochimiche vitali per il metabolismo degli organismi. Alcune hanno funzioni strutturali e meccaniche, come l'actina e la miosina nei muscoli, il collagene in ossa e tessuti, e come componenti del citoscheletro cellulare. Altre proteine sono importanti mediatori nella trasmissione di segnali inter ed intracellulari, nella risposta immunitaria, nei meccanismi di adesione cellulare nel ciclo di divisione cellulare.

    Le proteine o protidi (dal greco protos, "primario") rappresentano un ampio gruppo di composti organici formati da sequenze di aminoacidi legate tra loro attraverso legami peptidici. Possiamo immaginare gli aminoacidi come i mattoni per la costruzione delle proteine ed i legami peptidici come il collante che li tiene uniti tra loro.

    Le proteine esprimono la maggior parte dell'informazionegenetica: In base alla loro funzione possono essere distinte in: enzimi, di trasporto, contrattili, strutturali, di difesa e regolatrici

    Le proteine sono soggette ad un continuo processo di demolizione e sintesi, il turnover proteico, attraverso il quale l'organismo è in grado di rinnovare continuamente le proteine logorate sostituendole con nuovo materiale proteico. Inoltre questo processo permette all'organismo di rimpiazzare gli aminoacidi utilizzati a scopo energetico e di depositarne eventualmente di nuovi per rinforzare determinati tessuti (ad esempio in seguito ad esercizio fisico). La quota di aminoacidi che quotidianamente vengono degradati si attesta mediamente intorno ai 30-40 g/die.

    Questa quota viene chiamata quota proteica di logorio e deve essere introdotta quotidianamente con la dieta perché il nostro organismo non dispone di riserve proteiche; tutte le proteine presenti nel nostro corpo (circa il 12-15% della massa corporea) sono infatti funzionali.

    Gli aminoacidi coinvolti nella sintesi proteica sono 20 e tra questi 20 otto sono essenziali [ leucina, isoleucina e valina (BCAA), lisina, metionina, treonina, fenilalanina, triptofano] durante l'accrescimento altri due aminoacidi, l'arginina l'istidina diventano essenziali.

    Il termine essenziali sta ad indicare l'incapacità dell'organismo di sintetizzare questi aminoacidi a partire da altri aminoacidi tramite trasformazioni biochimiche. Questi aminoacidi devono essere pertanto introdotti con la dieta. Gli alimenti di origine animale hanno il profilo aminoacidico migliore perché generalmente presentano tutti gli aminoacidi essenziali in buone quantità. A differenza di questi, gli alimenti di origine vegetali presentano solitamente carenze di uno o più aminoacidi essenziali. Tuttavia queste mancanze possono essere superate attraverso giuste associazioni alimentari ad esempio PASTA e FAGIOLI. Si parla in questo caso di mutua integrazione perché gli aminoacidi di cui è carente la pasta vengono forniti dai fagioli e viceversa.

    CALORIE: Bruciando un grammo di proteine si sviluppa un calore medio di 5,65 Kcal. Tuttavi,a poiché il nostro organismo non è in grado di utilizzare l'azoto in esse contenuto il loro potere energetico si riduce a 4,35 Kcal per grammo.

    Normalmente viene assorbito il 92% delle proteine introdotte con la dieta (il 97% di quelle animali ed il 78% di quelle vegetali).

    Ne consegue le proteine forniscono al nostro corpo in media 4 Kcal per grammo.


    Il ruolo nell'alimentazione
    La maggior parte dei microorganismi e delle piante possono sintetizzare tutti e 20 gli amminoacidi standard, mentre gli animali (incluso l'uomo) devono ottenere alcuni di essi con la dieta. Gli amminoacidi che l'organismo non può sintetizzare sono detti amminoacidi essenziali. Alcuni enzimi chiave che sintetizzano alcuni amminaocidi non sono presenti negli animali, tra cui l'aspartato chinasi, che catalizza il primo step nella sintesi di lisina, metionina e treonina a partire da aspartato. Se gli amminoacidi sono presenti nell'ambiente, i microorganismi possono risparmiare energia prelevandoli dall'ambiente circostante e limitando le proprie vie biosintetiche.

    Negli animali gli amminoacidi sono ottenuti con il consumo di cibi contenenti proteine. Le proteine ingerite sono suddivise in amminoacidi tramite la digestione, che generalmente prevede la denaturazione delle proteine nell'ambiente acido dello stomaco e l'idrolisi da parte di enzimi detti proteasi. Alcuni amminoacidi ingeriti sono usati nella biosintesi delle proteine, mentre altri sono convertiti in glucosio tramite la gluconeogenesi, o entrano a far parte del ciclo dell'acido citrico. Questo impiego di proteine come fonte energetica è particolarmente importante in condizioni di inedia in quanto permette di impiegare anche le proteine dell'organismo, in particolare quelle presenti a livello muscolare, come substrato per mantenere la vita.

    PER OTTIMIZZARE LA DIGESTIONE E L'ASSORBIMENTO DELLE PROTEINE è bene:

    - evitare di associare proteine di diversa provenienza (uova e formaggi, oppure latte e carni)
    - evitare di associare proteine con un pasto ricco di carboidrati (una piccola quantità, come un pezzo di pane è ovviamente tollerata)
    - abbinando piccole dosi di alimenti acidi come il succo di limone o aceto
    - associare al pasto proteico un po' di verdura che oltre ad evitare fenomeni di putrefazione intestinale, grazie all'elevato apporto di vitamine e minerali favorisce l'azione enzimatica


    Come abbiamo già detto la principale funzione delle proteine è quella di rifornire gli aminoacidi necessari per i processi di rinnovamento tissutale (funzione plastica).

    Le proteine sono altresì depositarie del codice genetico (DNA e RNA del nucleo cellulare)

    Fungono da trasportatori (carrier) di varie sostanze presenti nel sangue (emoglobina, ormoni ecc.).

    Fungono da neurotrasmettitori (serotonina)

    Intervengono nella coagulazione del sangue.

    Sono necessarie per la contrazione muscolare e per la difesa immunitaria dell'organismo.

    Sono precursori di enzimi che regolano le velocità delle reazioni e che intervengono nei vari metabolismi del corpo.

    Le proteine hanno in particolari condizioni anche funzione energetica, ma in una alimentazione bilanciata questo ruolo è marginale. Questo processo è invece attivo durante il digiuno prolungato quando gli aminoacidi a catena ramificata (leucina, isoleucina, valina) vengono degradati a scopi energetici o durante un'attività fisica prolungata e/o molto intensa.


    Quante proteine in una dieta equilibrata?
    I nutrizionisti consigliano di assumere durante l'arco della giornata una quantità di proteine pari a circa il 15-20% dell'apporto calorico giornaliero totale pari a 0,8-1 g di proteine per Kg di peso corporeo.

    Di che tipo?
    Queste proteine dovrebbero derivare per i 2/3 da prodotti di origine animale e per 1/3 da prodotti di origine vegetale.

    RICORDA, il fabbisogno di proteine è inversamente proporzionale all' età :

    2 g/kg/die nel neonato, 1.5 g/kg/die a 5 anni, 1.2 g/kg/die in età adolescenziale - adulta;


    Alimenti ricchi di proteine
    Alimenti con maggior contenuto di proteine
    ALIMENTO g proteine/100 g

    SOIA SECCA 36,9
    GRANA 33,9
    BRESAOLA 32
    PINOLI 31.9
    ARACHIDI TOSTATE 29
    PROSCIUTTO CRUDO 28
    SALAME 27
    ...
    FAGIOLI SECCHI 23,6
    PETTO DI POLLO 23,3
    TONNO FRESCO 21,5
    BOVINO ADULTO FILETTO 20.5
    MERLUZZO O NASELLO 17,0

    Alimento Valore bilogico
    UOVA 100
    LATTE 91
    CARNE BOVINA 80
    PESCE 78
    PROTEINE DELLA SOIA 74
    RISO 59
    GRANO 54
    ARACHIDI 43
    FAGIOLI SECCHI 34
    PATATA 34

    N.B. la cottura dei cibi diminuisce notevolmente il valore biologico delle proteine

    Integratore Valore bilogico
    PROTEINE DEL SIERO DEL LATTE >100
    PROTEINE DELL'UOVO 100
    PROTEINE DEL LATTE >90
    PROTEINE DELLA CASEINA <80
    PROTEINE DELLA SOIA <75
    PROTEINE DEL GRANO <55


    FONTI: Wikipedia, my-personaltrainer.it

    Manganese
    Nonostante il ruolo esatto del manganese all'interno del contesto scientifico non sia tuttora completamente dimostrato, sono stati comunque identificati numerosissimi enzimi - catalizzati da questo elemento - coinvolti in complesse reazioni cellulari.
    L'equilibrio della salute, pertanto, dipende fortemente anche da molti processi biologici catalizzati dal manganese. Tanto per dare un'idea sull'importanza biologica del manganese, vengono di seguito riportati alcuni esempi:

    1. Il manganese è cofattore della superossido-dismutasi - importantissimo antiossidante cellulare - di conseguenza è coinvolto nei processi di protezione dai radicali liberi;
    2. Il manganese è in grado di attivare l'enzima arginasi, catalizzatore idrolitico coinvolto nel complesso metabolismo azotato (vengono prodotte ornitina ed urea a partire da arginina)
    3. Il manganese è coinvolto nella sintesi di DNA ed RNA, essendo cofattore di DNA-sintetasi e RNA-sintetasi.
    4. Il manganese attiva la piruvato-carbossilasi, enzima implicato nel processo della gluconeogenesi

    Il manganese partecipa attivamente a numerosi meccanismi biologici utili all'equilibrio della salute: coagulazione, attività tiroidea, fertilità, sistema immunitario, colesterolo, glicemia, formazione delle ossa ecc. Inoltre, questo oligoelemento sembra avere riscontri positivi per la profilassi di alcune affezioni, quali epilessia, deficit neurologici, diabete mellito, ritardi della crescita, ulcere, insufficienza renale, infarto (in particolare del miocardio) e persino tumori.
    Il ruolo biologico del manganese in alcuni sistemi dell'organismo merita di essere approfondito.
    Come accennato, il manganese sembra intervenire positivamente nel sistema immunitario, al fine di promuovere la sintesi di numerosi anticorpi; anche i meccanismi della riproduzione sembrano essere, in qualche modo, strettamente correlati alla quantità di manganese nel sangue: la carenza di questo minerale, infatti, pare responsabile di una ipotetica diminuzione della fertilità.
    Ancora, la carenza di manganese durante la gravidanza potrebbe avere riscontri negativi sullo sviluppo delle ossa del nascituro, aumentando il rischio di malformazioni e/o anomalie ossee.
    Un giusto tasso ematico di manganese è utilissimo per tenere sotto controllo gli attacchi epilettici: non a caso, nel sangue di pazienti – soprattutto infanti – malati di epilessia si osservano spesso quantità minime di manganese; ciò fa pensare che un giusto apporto di manganese sia utile per prevenire l'epilessia o diminuire la frequenza e l'intensità delle crisi epilettiche.

    È doveroso sottolineare che l'importanza del manganese non si ferma solamente alla sfera biologica: il minerale è essenziale per la produzione di acciaio e ferro, per merito delle sue proprietà deossigenati, leganti ed esfolianti. Non a caso, il manganese è un metallo di largo impiego per la produzione di leghe di alluminio, rame, titanio ed acciaio inossidabile. Il manganese, inoltre, può essere parte di leghe di zinco, oro, argento e bismuto in genere per applicazioni particolari nel settore elettronico.
    Oltre a ciò, il manganese viene impiegato per la decolorazione del vetro o - a concentrazioni elevate - per conferirgli un colorito fortemente violetto. Con il manganese (precisamente, con il suo ossido) si riesce a realizzare anche un pigmento color marrone, impiegato per terre naturali o vernici.
    In ambito clinico, il potassio permanganato KMnO4 è utilizzato come disinfettante, grazie alle spiccate proprietà ossidanti: a tal proposito, trova impiego nella purificazione delle acque e nel controllo degli odori (es. deodorizzazione degli scarichi). Con il manganese sono formulati anche numerosi fungicidi agricoli, in particolare per il trattamento delle malattie di cereali, banani e viti.
    La più importante applicazione del manganese in campo non metallurgico sfocia sicuramente nella produzione di batterie a secco: il biossido di manganese è utilizzato come depolarizzante.

    I fabbisogni giornalieri raccomandati (RDA) di manganese sono stimati tra i 2 ed i 4 mg: tale quantità ha generato grande scompiglio tra gli studiosi, poiché per alcuni - dato che l'assorbimento reale (e non ipotetico) del minerale risulta piuttosto scarso - il dosaggio sembra essere troppo basso. Per alcuni, l'RDA del manganese dovrebbe aggirarsi attorno ai 20 mg/die, o addirittura 50 mg in terapia; ad ogni modo, 2 o 3 mg al giorno di manganese non sembrano scatenare effetti di carenza od eccesso e il valore 0,74 mg/dì costituisce il minimo fabbisogno giornaliero.
    È doveroso ricordare che il manganese viene quasi del tutto eliminato tramite la via biliare, nonostante il circolo entero-epatico ne riduca le perdite.
    Nell'urina, il manganese si riscontra solamente in percentuali bassissime.
    Prima abbiamo accennato di uno scarso assorbimento del minerale: si ritiene possibile che il manganese proveniente dalla dieta venga assorbito in una percentuale variabile dal 5 al 10%, anche se - è doveroso sottolinearlo - l'efficienza dell'assorbimento è ritenuta maggiore in caso di scarso apporto nutrizionale. [tratto da www.valori-alimenti.com]
    Tra gli alimenti fonte di manganese si ricordano (dosi riferite a 100 grammi di alimento):

    Tè 133 mg
    Zenzero 33.3 mg
    Chiodi di garofano 30 mg
    Zafferano 28,4 mg
    Menta (droga essiccata) 11,4 mg


    Si ritiene possibile che l'assunzione di alimenti od integratori contenenti ferro possa ostacolare l'assorbimento del manganese, dato che entrambi si avvalgono della transferrina come molecola di trasporto ematico ideale. Analogo discorso per il calcio ed il fosforo, minerali che possono interagire con il manganese limitandone l'assorbimento.
    L'assorbimento del manganese nei soggetti affetti da ipertensione in forma grave può essere ostacolato, visto che l'oligoelemento in esame è considerato una minerale ipertensore.
    Anche l'assunzione della pillola anticoncezionale può limitare l'assorbimento del manganese.


    FONTI: Wikipedia, my-personaltrainer.it
     
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6 replies since 3/4/2015, 20:52   64 views
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