Posts written by Joel

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    Ho visto l'infortunio, davvero brutto.
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    E che sorriso! Hahah
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    Sempre ottimi i tuoi wall, grazie :)
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    Grandissimo Marco! Il rigore per la Juventus c'era, ma son contento che non glie l'abbiano assegnato.
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    Welcome :)
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    welcome :)
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    L’attesa si fa sempre più estenuante e le sole recenti ultime immagini di Grand Theft Auto V non hanno certo pacato gli animi. A tranquillizzare i fan del titolo Rockstar arriva però nelle ultime ore un video che strapperà sicuramente un sorriso, facendo dimenticare per i pochi minuti di visione quanto ancora si dovrà aspettare per vedere GTA V nei negozi.
    Il filmato è una sorta di remake del secondo trailer di Grand Theft Auto V riproposto però in chiave comica con protagonisti i personaggi principali di Grand Theft Auto IV, ossia Niko, Luis e Johnny. Esilarante è l’aggettivo che meglio lo descrive, con una serie di sketch che mettono in mostra ancora una volta la goffaggine dei suddetti.
    Continua dopo la pausa.
    Lasciandovi divertire con questo trailer in versione commedia di Grand Theft Auto V, ricordiamo che il titolo è previsto in uscita per la primavera 2013 su PC, Xbox 360, PS3 e la nuova arrivata Nintendo Wii U.
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    Strano a dirsi, ma il “bestseller” letteralmente inteso dell’Atari 2600 fu un grandissimo flop. Quando nel marzo del 1982 comparvero sugli scaffali i primi esemplari di Pac-Man, il richiamo all’epoca ancora fresco delle conversioni da coin-op e la straordinaria popolarità del mangiapalline giallo spinsero un gran numero di possessori di VCS, suppergiù sette milioni, a fiondarsi nei negozi per accaparrarsi una copia così, sulla fiducia, a scatola chiusa. I problemi sorsero quando la scatola venne aperta, la cartuccia estratta ed introdotta nella console, il gioco avviato e provato: un vero abominio. La conseguenza fu che molti utenti insoddisfatti restituirono il prodotto, mentre il passaparola tenne lontani quasi tutti gli altri potenziali acquirenti. Risultato finale: cinque milioni di invenduto su un totale di dodici milioni di cartucce sfornate da Atari sulla base delle ottimistiche previsioni iniziali.

    Quando venne il momento di convertire il sequel, ossia Ms. Pac-Man, ci si rese conto che il bonus di pazienza degli appassionati era già stato esaurito, e che non era il caso di sprecare per la seconda volta una licenza di tale richiamo. Si decise così di fare le cose in grande mettendo a disposizione 8 KB di memoria, il compito fu affidato alla General Computer Corporation ed il frutto della sua fatica vide la luce nel 1983.

    “She wore a yellow ribbon...”

    Inserita la cartuccia e accesa la console, ecco l’immagine di un classico maze con all’interno i quattro fantasmi e la nostra Ms. Pac-Man. Giusto il tempo di godersi un po’ l’impatto iniziale e la scena comincia a muoversi in modalità demo: potrà sembrare poca cosa per il giocatore moderno, ma era la prima volta che ciò accadeva in un titolo VCS e questo, dopo un Pac-Man tanto sciatto e abbozzato, dà già la cifra dell’attenzione e della cura trasfuse in questa seconda conversione.
    Premiamo il tasto del controller e diamo il via alla partita, celebrato dall’inconfondibile jingle dell’originale arcade: nitido, grazioso, riconoscibilissimo, bene così! Diamo un’occhiata generale e notiamo subito che i cambiamenti rispetto al predecessore sono tanti e molto gradevoli, perciò sarà meglio procedere con ordine. Innanzitutto lo sprite principale: Ms. Pac-Man parrebbe molto simile alla controparte maschile non fosse per il ben noto fiocco in testa, che tuttavia in questa versione non è rosso bensì giallo esattamente come lei. Le differenze principali riguardano però il modo di aprire e chiudere la bocca, molto più simile al coin-op, e soprattutto la non trascurabile circostanza che la protagonista si degna di rivolgersi alla direzione del movimento anche lungo l’asse verticale, laddove lo stanco Pac-Man VCS si limitava a girarsi soltanto a destra o a sinistra. Inoltre nell’atto di mangiare le palline, che anche stavolta sono in realtà delle barrette in tipico stile Atari 2600, la gentil dama emette un effetto sonoro decisamente più amabile di quella specie di raucedine robotica che affliggeva il marito.





    Quanto ai fantasmi, perdono la colorazione pallida e quasi indistinta che li definiva in Pac-Man ed acquistano le giuste tonalità a tinte brillanti, ma quel che più conta è che guadagnano in personalità. I quattro beoti che si muovevano randomicamente per il labirinto lasciano il passo ad altrettante ben riuscite repliche degli originali arcade, ognuno con i propri pattern peculiari. E così il rosso Blinky si rivela il più pericoloso ed aggressivo,l’azzurro Inky imprevedibile ma meno accanito, il roseo Pinky ha il vezzo di tagliare la strada mentre Sue di arancio vestita sostituisce Clyde di Pac-Man ma si comporta alla stessa maniera molto naif, ossia non si rende ben conto di quel che la circonda. Inoltre i simpatici lenzuoli animati possono dirsi quasi del tutto guariti dalla malattia che li aveva colpiti piagando enormemente la loro prima esperienza casalinga, ossia il mostruoso flickering. È pur vero che gli sfarfallii non mancano, specialmente quando gli sprite si trovano in fila, ma non è più nulla di tanto abnorme e fastidioso, e non vi capiterà mai di incappare in un fantasma senza averlo visto arrivare.


    Quattro al prezzo di uno


    Quel che bisogna fare lo sanno anche i sassi: mangiare tutte le palline/barrette sparse nel labirinto e fuggire i letali fantasmi o tentare di acchiapparli in cambio di punti dopo avere ingerito una delle quattro pillole giganti per renderli temporaneamente vulnerabili. Il copione è però arricchito sia dalle migliorie apportate dal cabinato di Ms. Pac-Man, sia dalla maggiore fedeltà con cui le dinamiche classiche e le novità del secondo capitolo sono state riportate su console.
    La differenza più lampante è l’area di gioco, che alterna ben quattro maze diversi. Qui si cela, però anche la principale correzione rispetto all’arcade, poiché i labirinti, pur ricordando evidentemente gli originali, se ne discostano parzialmente e ne offrono una versione sensibilmente modificata, probabilmente per venire incontro alle capacità della macchina. Personalmente trovo che il level design sia comunque eccelso e contribuisca a rendere più “unica” questa conversione, ma di certo i puristi del coin-op potrebbero storcere il naso. Saranno invece lieti di sapere che i warp tunnel, che consentono di passare da un’estremità all’altra del labirinto, sono correttamente sistemati sulle pareti laterali e non più in cima e sul fondo, dove senza un logico motivo li aveva posti il mai troppo vituperato predecessore.



    E veniamo alla frutta, che in Pac-Man compariva temporaneamente al centro dello schermo, peraltro sostituita nella versione VCS da un semplice rettangolo sempre uguale a se stesso, pateticamente ribattezzato “vitamina” nel tentativo di giustificare la miserabile scelta grafica. In Ms. Pac-Man invece ad ogni stage compare per due volte un diverso frutto (o un pretzel, giacché nel Pac-mondo i pretzel crescono sugli alberi) che attraversa il maze da parte a parte saltellando secondo un itinerario tortuoso e tendenzialmente casuale: il divertimento ci guadagna, anche nella versione VCS in cui la frutta torna a somigliare a se stessa e si muove festosa, con effetto sonoro adeguato.
    Ma la vera novità è che finalmente l’Atari 2600 restituisce pur con gli inevitabili aggiustamenti il feeling del cabinato, la sua essenza. Lo sprite principale si muove a dovere, con una risposta ai comandi pressoché immediata, e quasi tutte le componenti che rendevano l’esperienza completa e profonda in sala giochi, e che il Pac-Man per Atari 2600 aveva bellamente ignorato, sono qui riproposte con competenza. Non soltanto i fantasmi hanno riacquisito i propri pattern di movimento, ma esattamente come nel coin-op alternano momenti di caccia a fasi di riposo in cui si dirigono ai quattro angoli dello schermo senza curarsi di noi. Inoltre, quando Ms. Pac-Man inghiotte una pillola gigante, gli adorabili spettri non solo diventano blu di paura e vulnerabili, ma si danno comprensibilmente alla fuga invertendo direzione all’istante, diversamente dai rincitrulliti del primo episodio per VCS che proseguivano indolenti come nulla fosse, anche a costo di correre incontro a morte certa nelle fauci dell’eroe giallo. E ancora, il passaggio tramite warp tunnel si rivela utile anche perché la nostra eroina lo percorre più velocemente dei suoi nemici, di modo che può servirsene per distanziarli. A voler essere pignoli, sembra mancare quell’incremento di velocità che in sala giochi caratterizzava i fantasmi col progredire dei livelli, ma si tratta di una sottigliezza.



    Anche le scene d’intermezzo risultano tagliate, ma per quanto mi riguarda non lo trovo questo gran peccato, tanto più che al termine della partita viene offerta una schermata con il punteggio finale ed una coreografia animata in cui i fantasmi fanno un allegro girotondo intorno a Ms. Pac-Man: idea carina, e non spezza il ritmo del gioco in mezzo alla partita.
    La difficoltà è sensibilmente più mite rispetto all’arcade, pur offrendo lo stesso numero di vite, ossia tre più una come bonus per i primi 10.000 punti, diversamente dalle più ardue conversioni per i cuginetti Atari 5200 e 7800 che concedono però da subito cinque tentativi. Fra l’altro qui per cambiare maze è sempre sufficiente completarlo per due soli stage consecutivi, mentre nell’originale da sala la progressione era ben diversa, col primo loop articolato secondo la sequenza: 1° maze due volte, 2° tre volte, 3° quattro volte, 4° quattro volte. La conseguenza di tutto ciò è un gradito regalo per i giocatori di livello medio-basso come chi scrive, dal momento che permette di apprezzare tutti e quattro i maze nello spazio di sette livelli in luogo dei dieci richiesti dal cabinato con una pretesa non esattamente alla portata di tutti. Per completezza riporto che oltre a quello di default sono disponibili altri tre livelli di difficoltà alternativi, rispettivamente con uno, due e tre fantasmi, ma è difficile non riconoscere l’insensata viltà di azzoppare a tal punto il gioco, snaturandolo pesantemente, e non stupisce che le icone distintive di queste modalità siano teneri musi d’orsacchiotti (uno per ogni fantasma presente), quasi a voler rimarcare che si tratta in fin dei conti di roba per poppanti.

    Commento finale

    "È proprio il caso di dire: buona la seconda! Atari si fa perdonare il massacro di Pac-Man e mette a punto una conversione curata e irresistibile, semplicemente obbligatoria per gli appassionati di maze games ma in generale consigliatissima a tutti i possessori di VCS. Senz’altro nella mia personale top ten per Atari 2600."



    A cura di Ikaris di Retrogaming History

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    Come voi tutti ben saprete i canguri costruiscono le proprie case sugli alberi. Qui, tuttavia, sono spesso molestati dagli scherzi beffardi di scimmiette dispettose, le quali, al culmine della burla, arrivano a rapire i cuccioli di canguro per portarli sui rami più alti e ivi disporne a piacimento. In questi casi, la "consuetudine marsupiale" vuole che sia Mamma Cangura a incaricarsi di recuperare il figlioletto, non prima però di essersi equipaggiata con un paio di guantoni da boxe, a protezione e rinforzo delle sue due armi dialettiche preferite.
    Se ignorate tutto questo, probabilmente vi siete persi parecchi documentari di animali e, soprattutto, non avete mai fatto la conoscenza di Kangaroo, cabinato Sun Electronics del 1982, in cui quanto raccontato trova ampia e inconfutabile conferma. Poiché già a quel tempo era avvertita la chiara valenza divulgativa del gioco, Atari decise di consentirne l’uso a ogni bambino voglioso di apprendimento comodamente a casa propria. Furono pertanto confezionate svariate conversioni, la più celebre delle quali, per Atari 2600, è proprio quella di cui vado a parlarvi.



    Scimmiottando lo scimmione
    Il coin-op di Kangaroo prendeva palesemente le mosse dall’enorme successo di Donkey Kong, provando a replicarne gli ingredienti fondamentali e vincenti: quattro stage fixed-screen, un personaggio che deve salire dal basso sino in cima, avvalendosi di scale nonché dei propri salti, pericoli che giungono dai lati e dall’alto costringendo il giocatore a sdoppiare la propria attenzione.
    La versione VCS taglia uno stage, il terzo, ma per il resto l’esperienza di gioco rimane pressappoco intatta. Comandiamo Mamma Cangura la quale, partendo dal fondo dello schermo, deve farsi strada fino alla zona superiore, dove la attende il suo povero cucciolo, che impaziente saltella avanti e indietro. Nel frattempo, le infami scimmiette percorrono il tronco d’albero posto sulla destra e se ne staccano a turno per dirigersi verso il nostro sprite, lanciando occasionalmente delle mele a tre altezze differenti. Come se non bastasse, è necessario evitare altre mele che compaiono nella parte alta, saltellando come fossero dotate di vita propria (nel coin-op erano altre scimmie a lanciarle, ma il VCS non è console che possa permettersi spreco di sprite “inutili”...), per poi ricadere verticalmente quando vengono a trovarsi grossomodo sopra di noi.


    A completare il quadro dei tre stage, composti di piattaforme e scale (salvo il primo, più facile, con tre piani continui e quindi privo di strapiombi), vi sono degli item a forma di frutta e una campanella. Quest’ultima è il cuore dell’originalissimo sistema di punteggio: riuscire a “suonare” questo strumento con un salto fa sì che nei punti in cui siano già stati raccolti dei bonus compaiano come per magia altri frutti di valore superiore, secondo la progressione fragole (100 punti), pomodori (200), ciliegie (400) e ananas (800). Per massimizzare lo score è quindi opportuno passare in rassegna quante più volte possibile le diverse varietà di frutta. Questo fa sì che la partita del giocatore esperto, piuttosto che consistere in una semplice ascesa verticale, si sviluppi in un continuo andirivieni tra la campanella e i succosi premi, con tutto il divertimento ma anche i rischi connessi. A porre un freno alle strategie di point-pressing ci pensa pure il classico limite di tempo che, allo stesso modo di Donkey Kong, è costituito da un indicatore numerico decrescente: se quest’ultimo arriva a zero prima che il giocatore termini lo stage, si perde una vita; altrimenti, la cifra rimasta nel contatore alla fine del livello viene aggiunta allo score complessivo.

    Come già anticipato e come noto, i canguri hanno una spiccata attitudine pugilistica e così il nostro balzellante avatar potrà usare i propri pugni per mettere KO le scimmie o per colpire le mele provenienti dall’alto o dai lati (ma solo quelle a media altezza, mentre le altre andranno evitate saltando o accovacciandosi): il tutto con largo e gradito profitto di punti, variamente modulato secondo il tipico uso arcade (ad esempio, le mele provenienti dall’alto assicurano più punti delle altre).

    A dire il vero, in sala giochi la temeraria marsupiale poteva confrontarsi anche con un avversario ben più prestigioso: un enorme gorillone, agghindato da boxeur e intento a esibire tutte le mossette del caso, che spuntava fuori dopo qualche tempo a menare pugni con l’effetto (strano) di privare la cangura dei propri guantoni, cui si sostituiva temporaneamente una misera e inoffensiva bandiera bianca. Ad ogni modo, credo che questa presenza fosse superflua al di fuori di un contesto arcade, naturalmente teso a ostacolare l’eccessiva permanenza del giocatore nello stage, tanto più che neppure le altre conversioni hanno conservato il personaggio dello scimmione, rimasto così un’esclusiva del coin-op.



    “Oh Susanna, non piangere perché...”

    Detto del sistema di gioco, passiamo alla realizzazione tecnica su VCS, che francamente non si presenta con un gran colpo d’occhio: il layout è povero a dir poco, con un totale di due colori (peraltro scelti male) ed è magra consolazione constatare che la versione PAL risulta almeno in questo più gradevole (è quella con lo sfondo azzurro nelle foto).
    Gli sprite, poi, danno adito a qualche dubbio: non è raro avere l’impressione che la nostra cangura abbia antenne come orecchie, e devo ammettere che le scimmie continuano a sembrarmi dei polpi di mare. I vari item sparsi per lo schermo se la cavano con la sufficienza, mentre le mele scagliate dai dispettosi primati sono null’altro che semplici quadratini, tanto che inizialmente, sviato dalla natura giocosa e triviale tipica di quelle bestie, ho creduto che si divertissero a lanciare il prodotto finale della loro digestione.

    Con un discreto affollamento sullo schermo, non si può tralasciare l’argomento flickering: c’è e si nota, ma non è mai neppure minimamente fastidioso, se non per le immagini di questa review che si presentano inevitabilmente meno “popolate” di quanto il gioco non appaia a partita in corso.
    Laddove la grafica non brilla, il sonoro viceversa svolge il suo compito egregiamente. Sopra i vari suoni e jingle, comunque tutti nitidi ed eccellenti, si staglia un frammento della mitica “Oh! Susanna” che fa capolino al completamento di ogni stage. Se avrete voglia di andarvi a leggere il testo di questo leggendario classico americano, potrete constatare quanti riferimenti contenga alle vicissitudini di una madre alla ricerca disperata del proprio figlio rapito: nemmeno uno. E tuttavia gli autori hanno scelto proprio questa musica, ma visto che è molto bella, va benissimo così.



    I controlli vedono il tasto di fuoco deputato all’atto di sferrare pugni, mentre per saltare è necessario premere lo stick verso l’alto. Per i detrattori del VCS che puntassero il dito contro la mancanza di un secondo bottone, tengo a precisare che il coin-op adottava lo stesso identico sistema: la fedeltà prima di tutto. Il problema, semmai, è legato alla severità del sistema di controllo. Già nel coin-op Mamma Cangura aveva la particolarità, davvero insolita per un animale della sua specie, di “sfasciarsi” alla minima caduta, anche quella equivalente allo scendere da un marciapiede. In sostanza, per spostarsi da una piattaforma all’altra era SEMPRE necessario saltare, pena l’immediato decesso. A questo, il Kangaroo made in VCS aggiunge un ulteriore fattore di difficoltà: la tendenza impietosa dello sprite a scivolare verso la morte non appena il piede oltrepassi di un pixel di troppo il margine della piattaforma. Questa caratteristica, ben nota e anzi famigerata presso tutti i conoscitori del gioco, incide diversamente a seconda dello stage in corso: ininfluente nel primo, dove non ci sono strapiombi; pericolosa nel terzo, ricco di piattaforme che però risultano poco distanziate tra loro; crudele nel secondo, che costringe a salti accuratissimi, fra cui spicca un’infida voragine posta sulla sinistra, la quale esige un balzo pressoché perfetto e riscuote spesso un amaro tributo di sangue. Personalmente in questi casi ho trovato utile fermarsi poco prima del baratro per aggiustare la mira e fare un ultimo passettino mentre già si prepara il salto in diagonale: ma è chiaro che la frustrazione è dietro l’angolo, soprattutto per i giocatori meno pazienti.



    Eppure Kangaroo ha davvero troppo da offrire per lasciarsi scoraggiare da quello che, in ogni caso, rimane un evidente difetto. Perché al di là delle sciagurate cadute e dei conseguenti accessi d’ira, questo gioco offre un’apprezzabile vivacità d’azione, arricchita da quel pizzico di strategia che impreziosisce ogni buon action-game a schermata fissa. L’esigenza di concentrarsi su pericoli provenienti da direzioni diverse è un modello che, da Donkey Kong in poi, ha dimostrato di calzare perfettamente a questa tipologia di videogame, e il piacere di prendere a pugni delle scimmie non è da sottovalutare (dopotutto, se lo sono meritato). Aggiungeteci anche che l’Atari 2600 offre una conversione di Donkey Kong fiacca e pure viziata da un’eccessiva facilità e che la stessa console con tutti gli altri titoli “donkey-style” ha sortito risultati sottotono quando non addirittura indegni (Roc’n Rope, Donkey Kong Junior, Congo Bongo, King Kong, Spider Kong)... e questo Kangaroo, con la sua difficoltà così severa ma il suo gameplay così intenso ed “esatto”, finisce per diventare davvero il salvatore della patria, o almeno di quel genere ludico.

    Commento finale
    "Sgradevole agli occhi, piacevole all’orecchio, Kangaroo punta tutto o quasi sulla riproduzione di una sfida dalla forte impronta arcade, ostica e cattiva (anche troppo), ma sa comunque regalare soddisfazioni quando si abbia la costanza di perseverare nonostante i risultati iniziali, prevedibilmente scoraggianti per i giocatori meno tenaci. Kangaroo è in ogni caso un titolo molto importante nella storia del piccolo VCS, che, dopo aver fallito ampiamente l’appuntamento con Donkey Kong, si è parzialmente riscattato con uno dei suoi emuli migliori."

    A cura di Ikaris di retrogaming history

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    Grande affermazione per Luigi Busà che in occasione del Campionato del Mondo in svolgimento al Bercy di Parigi, si è laureato Campione del Mondo di kumite, categoria -75kg. Il forestale in finale si è imposto sul pluri-campione del mondo l’azero Raphael Ahgayev per giudizio arbitrale. Infatti, il merito di Busà è stato quello di neutralizzare tutti i tentativi di attacco di Aghayev, imponendo il suo ritmo e la sua superiorità tattico-tecnica, acclamato dal numeroso pubblico del Palais Omnisports parigino. Per il biancoverde si tratta del secondo titolo iridato dopo quello conquistato a Tampere nel 2006. Non ce l'ha fatta invece Greta Vitelli, sempre nel kumite categoria +68 kg, a riconfermarsi sul trono iridato. La forestale in finale si è dovuta arrendere all’atleta di casa, la francese N. Ibraim con il punteggio di 2 a 0.
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    Lampard all'inter? Mmh... Speriamo di no :D
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    welcome :)
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    Se lo pubblicano anche per Android forse forse lo scarico..
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    23 anni, stai diventando vecchio caro Giuseppe! Buon compleanno! :)
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    CITAZIONE (dubbio93 @ 5/12/2012, 13:10) 
    Speriamo che non creino disagio soprattutto alle line di autobus...Mi lasciano a piedi seno :asd:

    Se nò a scuola col cavolo che ci andiamo!
2519 replies since 15/11/2008
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